Ossido

In una sera di gennaio abbiamo incontrato Andrea, al caldo del suo alternative vegan bistrot Ossido nelle stradine del Pigneto.

 

Ci racconti la storia di Ossido e come si intreccia con la tua storia personale?

Ossido è il nome della vernice del locale che è ossidata!

Abbiamo aperto circa un anno e mezzo fa, eravamo in due ma poi sono rimasto solo io. Io sono diventato vegano cinque-sei anni fa. Anche se prima non mangiavo tanta carne, mangiavo soprattutto per vivere; però ho un po’ di colpe da estinguere, ero un pescatore convinto… sono diventato vegano per gli animali, non per questioni salutiste, mangio quello che mi serve per vivere.

Spesso quando si parla di essere vegani, la gente non cerca il discorso etico, ma fa subito domande su come si mangia da vegano, non sul perché sei vegano. Dicono: non potrei mai rinunciare alla carne a livello gastronomico, ma non perché non me ne frega niente dell’animale che soffre.

Secondo me se vuoi diventare vegano non devi importartene dal gusto, perché comunque a qualcosa devi rinunciare, sono cucine diverse, te lo devi un minimo imporre perché ne sei convinto per non far soffrire gli animali. Altrimenti rimane solo un’alternativa culinaria. Per me il sapore della carne o del pesce era buono però io non posso pensare che una mucca muore perché mi piace il gusto della carne.

Magari invece le donne sono molto più sensibili anche a livello fisico, per questo ci sono molte più donne vegane, anche nei movimenti attivisti. Vedo che nei locali vegani l’uomo è secondo, prima arriva la donna e poi arriva l’uomo.

Io ho comunque amici di tutti i tipi, anche non vegani, esco andando spesso anche in posti non vegani; però succede che quando ci sono io a tavola, risulto “scomodo” in senso positivo, quindi magari chi mangia con me spesso non mangia carne, la mia influenza si fa sentire! Io non voglio portare le persone a diventare vegane, ma l’esempio è importante.

Faccio caso anche al vino quando mangio fuori, e qui al mio locale sono molto attento a selezionare solo alcolici vegani, grazie alla mia esperienza di lavoro è semplice per me orientarmi.

Sono venti anni che lavoro nel campo della ristorazione, prima di Ossido avevo un locale a San Lorenzo per sei anni, ma qui mi trovo meglio, penso di poter dare qualche cosa. Invece di aprire, che ne so, una pizzeria, ho preferito fare questo tipo di cucina alternativa in cui non uso i “classici” prodotti vegani, tipo tofu o seitan, ma uso altri tipi di ingredienti originali.

Ho preso ispirazione da locali di Berlino, ma cerco ovunque, cerco ricette nuove cercando di farle vegane, e le chiamo volutamente con il nome originale, lo faccio apposta così si incazzano!

 

Cosa offrite attualmente? Quali sono i vostri punti forti? Come sta andando?

Il 99 % dei prodotti sono locali e di stagione, poi magari uso ad esempio il jackfruit del sud-est asiatico che non c’è in Italia, se ci fosse lo andrei a prendere in Italia; io lo metto un po’ dappertutto. C’è tanta confusione, non sa di porchetta come dicono! L’avevo visto usare fuori Italia, e l’ho riproposto qui.

C’è quello fresco con tanti piccoli jackfruit dentro, dolcissimo. Quello che va cucinato è quello acerbo, che ha la consistenza della carne bianca, lo si stufa, ha un sapore anonimo che prende il gusto del modo in cui lo si cucina.

Qui cucino tutto io, faccio tutto io, anche le cotolette, i burger, le salse, è tutto artigianale, creo tutto dalle materie prime, poi ci sono delle ragazze in sala che aiutano. A parte i formaggi che compro da Ivegan con cui mi ci trovo benissimo; non mi ci metto a farli, al massimo faccio il parmigiano, cheese-cake, il tiramisù.

Inizialmente volevo aprire in centro storico, ma c’è stato un problema di licenze. Ero interessato a Prati, però è una zona diversa, ci sono più stranieri, di corsa; invece qui al Pigneto c’è gente dinamica, che viaggia, giovani, sanno cos’è il vegano, è gente diversa, mi ci trovo bene. Poi con la cucina originale che propongo ho successo qui, magari a Prati sarei dovuto essere più tradizionale.

Lavoro molto con la clientela che avevo prima nell’altro locale, che viene ogni week-end qui, anche non vegani, a cui piace la mia cucina originale.

Vengono da tutta Roma, da altre regioni, sta andando bene. A me piace fare cose diverse, ringrazio gli altri ristoranti vegani che per fortuna non fanno ancora cose originali come le mie!

Per preparare tutto arrivo presto al locale, e chiudo tardi la notte, alle due.

Adesso facciamo lo sconto per chi va al cinema il mercoledì, anche se non ci sono cinema qui vicino ma i vegani si spostano anche da altri quartieri.

 

Cosa avete in mente per il futuro?

Avrei preferito un posto un po’ più grande, non voglio fermarmi qua, voglio evolvermi in qualcos’altro, questo è un buon punto di partenza. C’è anche l’ipotesi di andare fuori Italia.

Il prossimo progetto a breve sono i social dinner, cene a prenotazione con menù speciale di uno chef particolare e un ospite che parli di un tema diverso ogni sera. Esempio un musicista, un attore, un cartomante, qualcosa di esoterico, di orientale…. che sono filosofie molto legate al veganesimo.

 

Cosa ne pensi del movimento vegano a Roma e in Italia e cosa vedi nel suo futuro?

Per quello che vedo io, con clientela mista, c’è gente molto curiosa sul cibo vegano, c’è molto più rispetto per noi vegani da chi vegano non è. Però a livello pratico non vedo questo grande aumento di vegani in giro, da me vengono anche tante persone curiose, intolleranti, chi ama il gusto del mio cibo.

Anche sui network, quelli che scrivono, quelli che si mettono in gioco sono sempre gli stessi. Speriamo che con la nuova leva qualcosa stia cambiando, anche se non mi sembra. La situazione è difficile, combattiamo contro i mostri sacri dell’industria, che puoi farci?

E’ vero che ora è facile essere vegani, molti supermercati adesso propongono cibi vegani, prima era molto più difficile, quando uscivi non c’era niente, dovevi cucinare da solo a casa. Poi c’è anche chi è critico anche nel consumo di prodotti vegani di multinazionali per non finanziarle perché producono comunque prodotti non vegani. Ad esempio le sottilette vegani della Kraft, io non le compro, ma non vedo perché qualcuno non le debba comprare, mi sembra una cosa positiva.

Questo a livello gastronomico, ma a livello di spirito etico la vedo male.

Per quanto riguarda le associazioni ambientaliste, ho simpatia per Sea Shepherd e basta, tra poco dovremmo fare una serata qui, frequento molto i loro attivisti, abbiamo anche in comune anche la passione per i teschi! Li conosco di persona e ho una buona impressione su di loro, passano un sacco di guai per le loro azioni. Sono contenti anche se gli dai qualche utensile da cucina che non usi, lo portano sulle navi.

Loro li ho visti fisicamente, degli altri movimenti che ho visto, gli adesivi?! Non voglio fare esempi negativi, comunque più facciamo meglio è, o singolarmente o in gruppo, basta che si faccia qualcosa, che cambi qualcosa.

Io non mi metto fuori del locale a bloccare la gente, anche se a volte qualcuno curioso passa davanti ed entra; volutamente fuori non c’è scritto che è vegano, proprio come in nord-Europa, mi dà fastidio lo stereotipo, farsi identificare.

L’etichetta “vegan” è utile per farsi capire in questa società ma non metterò mai una bandiera vegana blu e verde con la V! Non mi serve essere riconosciuto da marchi come “vegano”, dai piani alti: lo stesso marchio lo mettono sull’insalata, non mi sembra il caso!

 

Ossido si trova sulla mappa di Vegan Quo Vadis? Roma in Via Gentile da Mogliano 154/156, nel quartiere Pigneto.

E’ aperto dal martedì alla domenica dalle 18,30 alle 2.

https://www.facebook.com/ossidoveganbistrot/

ossidoroma@gmail.com

https://www.instagram.com/ossidoalternativevegan/

Tel. 06 2170 0231